Guadagnare creando APP

A volte quando si ha una idea lo scopo è quello di fare “un sacco di soldi”: prima ancora di ottenere dei preventivi e capire quanto costa un’app sarebbe però utile pensare al modello di business ovvero come fare per guadagnare con le app.

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Come guadagnare con le app?

        1. App a pagamento

È la modalità più conosciuta nonostante presenti alcune criticità e non poche barriere all’ingresso.
Il modello è semplice: l’app realizzata viene messa in vendita sugli store. I prezzo medi per acquistare una app sono intorno a 2 euro.
Se questo è il modello che si vuole adottare l’app deve essere molto affidabile perchè solitamente chi paga per acquistare una app si aspetta di più rispetto ad una gratuita. Inoltre i feedback degli utenti sarannno fondamentali per la diffusione dell’app (questo vale per tutte le app, ma specialmente per quelle a pagamento).
Facendo dei rapidi calcoli partendo dal prezzo medio si può capire quanto sia “lunga” la strada verso il successo (e la ricchezza). Un’app venduta a 2 euro deve ottenere migliaia di download per generare un guadagno degno di nota. Bisogna inoltre considerare la percentuale degli store (Apple, Google, Microsoft…) che in media è del 30% del prezzo di vendita.

        2. App con pubblicità

Stiamo parlando dei banner inseriti in maniera più o meno invadente nell’app. Questa scelta permette di guadagnare dai circuiti pubblicitari specializzati in questo tipo di modello.
Per iniziare a guadagnare dalla pubblicità occorre realizzare moltissimi contatti in quanto (in media) tra le visualizzazioni del banner e l’effettivo “tap” che genera il guadagno è di circa il 2-3% (rapporto comunque leggermente superiore alle medie del web).
Qualche calcolo: con un guadagno stimato di circa 50 centesimi a tap si può facilmente capire quali siano i volumi a cui si deve tendere per rendere profittevole questo modello. Per quanto questo modello offra basse barriere di accesso (il download dell’app è gratuito) la criticità è rappresentate dal “percepito” degli utenti: per esperienza personale ognuno di noi sa quanto sono fastidiosi certi banner mentre si usa un’app (sia essa di servizio o un gioco). Inoltre le app contenenti banner pubblicitari sono viste come poco professionali.

        3. Freemium

Il modello Freemium (“free” + “premium”) consiste nell’offrire gratuitamente l’app con le funzioni base e permettere l’acquisto di funzionalità aggiuntive direttamente dall’app. Il modello è pensato per permettere a tutti di conoscere e provare l’app gratuitamente e guadagnare grazie ai pagamenti frequenti che l’utente effettua (quasi) senza accorgersene. La debolezza di questo modello rientra nella fase di programmazione, sicuramente più complessa (e quindi costosa). Inoltre occorre definire con precisione quali sono gli “item” a pagamento. Questa scelta ha un’importanza strategica visto che c’è il rischio di mettere in vendita funzionalità che non interessano o dover modificare (e quandi sostenere nuovi costi di sviluppo) per aggiungere servizi a pagamento.
L’indagine ripresa da Mashable riassume diverse tipologie di questo modello secondo quanto evidenziato da Chris Anderson (uno dei più grandi esperti di internet e teorico del modello “free”).

 

I quattro possibili modelli di Freemium:
– a limitazione temporale (gratis per xx giorni)
– con funzionalità limitate
– con limitazione del numero di utenti (gratis per i primi xx utenti);
– con limitazione del tipo di cliente (es. gratis per utenti con partita iva, a pagamento per privati)

Apparentemente non c’è un solo modello vincente visto che il successo di una mobile app passa da diversi fattori come l’originalità, le dinamiche e la facilità di utilizzo, la viralità che si viene a creare attorno all’app. Anche il fattore tempo è una variabile fondamentale per riuscire a guadaganre con le app, basti pensare al caso di Ruzzle, app di successo degli ultimi anni, letteralmente circondata da diversi cloni più o meno fedeli: molti di questi sono usciti anche prima ma con una grafica, un modello e funzionalità leggermente diverse che non ne hanno decredato il successo a dispetto dei 20 milioni di iscritti a Ruzzle.